Ceto Metallurgici "L'Arresto" - Rassegna Stampa

Mistero, Misteri!

CRONACHE
Di Nino Barone

Mistero, Misteri!

Nonostante le profonde radici in terra di Spagna, i riti trapanesi della Settimana Santa hanno acquisito sin da subito una conformazione originale, unica.
Sebbene si rilevino diversi punti in comune rimane il fatto che la processione dei Misteri di Trapani è considerata la più imponente manifestazione folcloristico-religiosa che si svolge nella cristianità, sia per il numero di scene scultoree che si portano in processione che per la durata della stessa, in tutto ventiquattro ore ininterrotte.
Malgrado ciò, pare che non ci sia la minima consapevolezza dell’immenso patrimonio artistico, storico e culturale ereditato, spesso concepito con superficialità, elemento che altera l’essenza stessa del rito trasformandolo in una ghiotta occasione per fare passerella.
Sfatiamo, dunque, il mito che vuole che i nostri Misteri siano spagnoli.
Niente di più falso! Sono trapanesissimi, realizzati nelle botteghe artigiane fiorenti in città tra il XVII e il XVIII secolo.
Certamente dobbiamo agli spagnoli questa tendenza religiosa, questo bisogno di portare fuori dalle mura ecclesiali la passione di Cristo affinché una moltitudine di individui vi si immedesimi. Una passione che rispecchia, oggi più che mai, quella di una società smarrita, senza valori e punti di riferimento.
Quanti carnefici e aguzzini e quanti cristi esistono ancora, quanti flagellatori e giudei che non amano il prossimo ci vivono intorno.
Il mondo è pieno di fatti che ci riconducono a quella passione: ne è piena la nostra vita. Eppure piangiamo, ci abbracciamo. Quella morte ci rigenera. Sì, perché bisogna morire per vivere.
Ma la conversione dura pochissimo poiché al tramonto si torna come prima. Una difficoltà oggettiva di vivere il mistero celebrato pervade nuovamente il nostro percorso, la bussola impazzisce e ancora una volta ci si lascia fagocitare dall’effimero, ancora una volta ci si immerge nella quotidianità fatta di gruppi whatapp e selfie improvvisi, ancora una volta abbiamo tradito quel Cristo, morto e risorto per noi.
Allora perché indossare un abito a lutto e andare in processione? Perché mai questa voglia irrefrenabile di parteciparvi? Sarà forse per quella dose di mistero vissuto nella sua essenzialità o per il bisogno di lasciare una traccia? Vivere la processione da dentro significa pure scrivere pagine di storia, lasciare ai posteri un segno di noi. Perché rinunciare.
O sarà forse perché, nel mondo globalizzato, abbiamo perso in qualche sperduto sentiero la capacità di manifestare sentimenti, passioni, amori, emozioni senza timore di essere giudicati o condannati. Fare i duri, insomma, ci riesce meglio.
Ormai tutto si muove in base alle norme, la burocrazia e il mondo virtuale hanno schiacciato la nostra parte più sublime: l’umanità e la poesia!